Quello della conservazione è un tema chiave per la gestione della produzione in pasticceria. Abbiamo chiesto all’esperto Alessio Busi di darci qualche spunto sui metodi che salvano la pasta sfoglia dai più frequenti danni da freddo

Il tema della conservazione della pasta sfoglia è ampio, ma concentrandosi sugli aspetti giusti diventa più semplice interpretare correttamente ogni problema e trovare le soluzioni migliori. Innanzitutto occorre fare due ragionamenti diversi per il prodotto crudo e per quello cotto, che vanno incontro a rischi differenti.

Pasta sfoglia cruda: soluzioni contro i puntini grigi

Nella pasta sfoglia cruda, in base al metodo di conservazione, possono emergere diversi difetti. I tre più comuni sono sicuramente disidratazione, danni da freddo e imbrunimento enzimatico. Concentriamoci sull’imbrunimento enzimatico: uno spiacevole difetto estetico che si caratterizza per la comparsa di una puntinatura grigiastra, più o meno intensa, sulla superficie della pasta. Si tratta di un problema che affligge storicamente moltissimi impasti a base di farina, dalla pasta fresca alla pasta sfoglia, ma non solo: pensiamo ad una mela tagliata a metà, le patate pelate o la buccia delle banane, tutti esempi di imbrunimento enzimatico. La causa è da ricercare nell’ossidazione dei polifenoli, naturalmente contenuti nella farina ad opera di un enzima, la polifenolossidasi. La reazione porta alla formazione di molecole più complesse di colore bruno (melanoidine), responsabili della puntinatura scura.

Il primo step per prevenire l’insorgere di questo difetto è un’accurata selezione delle materie prime, in particolare della farina: polifenoli e polifenolossidasi si trovano più comunemente nella crusca, quindi una farina accuratamente raffinata è fondamentale. Se necessario si può ricorrere ad alcuni additivi che limitano o ritardano l’insorgenza del problema: uno dei più efficaci è sicuramente l’acido ascorbico. Infine, è fondamentale ricordare che l’azione della polifenolossidasi (come tutti gli enzimi) è strettamente legata alla temperatura: il congelamento blocca completamente l’imbrunimento enzimatico, che è un difetto tipicamente legato alla prolungata conservazione in frigorifero.

Pasta sfoglia cotta: prevenire i danni da freddo

Per quanto riguarda la pasta sfoglia cotta invece, i principali “nemici” sono umidità, danni da freddo e irrancidimento. L’aspetto più interessante in questo caso è forse quello legato ai danni da freddo, che sono la diretta conseguenza di una prolungata e scorretta conservazione in negativo, in congelatore: i cristalli di ghiaccio crescono costantemente nel tempo e rompono la struttura accuratamente realizzata in produzione, danneggiando la sfogliatura e la struttura in generale della pasta sfoglia. Il difetto più evidente in questi casi è la comparsa di striature biancastre nelle parti più interne. Nei casi più gravi si arriva ad una modifica organolettica, al caratteristico sentore “di freezer”.

Un rapido abbattimento di temperatura e buone pratiche di conservazione sono fondamentali per conservazioni di breve-media durata, ma spesso non sono sufficienti a prevenire questi difetti nel lungo periodo. In caso di necessità si può ricorrere ad alcuni additivi come acido ascorbico ed emulsionanti, che si rivelano incredibilmente efficaci. Gli emulsionanti in particolare sono in grado di legare l’acqua in modo così efficiente da prevenire la crescita dei cristalli di ghiaccio durante il congelamento, limitando il problema alla radice.

Ogni contesto ha le sue particolarità

Insomma, possiamo già concludere che la conservazione della pasta sfoglia sia un tema molto sfaccettato, che va interpretato da numerosi punti di vista e contestualizzato differentemente in ogni realtà lavorativa. Per questo è meglio ragionare per schemi, suddividendo il problema generale in parti più piccole, più facili da affrontare singolarmente e da personalizzare.

Alessio Busi

Valeria Boltneva per Pexels

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here